Sono più comuni di quanto pensiamo e volte incidono pesantemente sulla qualità della vita. Ma gestirli non è impossibile
Ognuno ha un dialogo interiore con la propria mente, un flusso costante di pensieri, idee, immagini, aspirazioni, ricordi. Tuttavia può capitare che, mentre stiamo lavorando, guardando un film, pensando a cosa preparare per cena, quel flusso di idee venga improvvisamente interrotto da uno o più pensieri angoscianti. Soni i cosiddetti pensieri intrusivi, ovvero immagini indesiderate che senza nessuna causa scatenante si insinuano nella nostra mente, creandoci stati di ansia, angoscia e talvolta depressione. Uno studio su scala globale realizzato dalla MayoClinic ha evidenziato come il 94% delle persone abbia pensieri intrusivi. Siamo sull’autobus verso l’ufficio e improvvisamente un flash: «Mi sono ricordata di spegnere la piastra per i capelli?». Stiamo tenendo in braccio nostro figlio: «E se dovesse cadermi?». Poco prima di una discorso pubblico, fatto altre mille volte «Ma sarò in grado di reggere il palco? Ciò che ho da dire è davvero così interessante?». Insomma, pensieri occasionali, che ci colpiscono come una “bordata”, che a volte ci angosciano, altre mettono in discussione le nostre capacità e che difficilmente riusciamo a controllare e a lasciare andare.
Cosa sono i pensieri intrusivi
“I pensieri intrusivi sono pensieri circolari, partono da un punto preciso e, come cantava Venditti, Fanno dei giri immensi e poi ritornano, spesso peggiorandoci l’umore. Sono pensieri che la nostra mente mette in atto per cercare di risolvere un problema emotivo o cognitivo, che ci fa stare male, ma senza successo. La nostra mente è progettata per difenderci, rassicurarci, trovare soluzioni per evitarci dispiaceri. Ma qualche volta questa soluzione non arriva e di conseguenza la nostra preoccupazione viene amplificata”, commenta Martina Migliore, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale di Serenis, piattaforma di benessere mentale online.
Da dove nascono i pensieri intrusiviSe è vero che i pensieri intrusivi spesso escono dal nulla e sono stimolati da eventi del tutto casuali come una canzone, una notizie una chiamata da un vecchio amico, alcuni studi dimostrano che nei soggetti ansiosi, particolarmente stressati e affaticati mentalmente vi è una maggiore predisposizione. “Le persone in difficoltà depressive, dando inconsapevolmente spazio a questi pensieri circolari che in ogni caso non sono funzionali ad alcune soluzione effettiva, tendono a rimuginare più di altre. Anche un soggetto riflessivo è maggiormente a rischio rispetto a uno più superficialee meno consapevole”, prosegue la psicoterapeuta. Se per alcune persone i pensieri intrusivi sono semplicemente eventi sporadici, per altre diventano parte integrante della vita quotidiana, peggiorandone la qualità. “Ci distolgono da tutto ciò che è importante. Tutti i nostri sforzi sono concentrati su quel processo e non riusciamo a fare nient’altro. La qualità della vita non peggiora perché siamo inadeguati, ma perché stiamo dando spazio a qualcosa che non ha soluzione”, afferma Migliore.Perché è difficile lasciarli andare”I pensieri intrusivi fanno leva sulle nostre peggiori preoccupazioni, sulle nostre più grandi paure. La nostra mente conosce i punti deboli e fa leva su questo. Chi non risponderebbe alla sua peggiore paura?”. Cercare di uscire da questo circolo vizioso non è facile, ma nemmeno impossibile. “A questo proposito cito una frase di Elizabeth Gilbert tratta dal suo libro autobiografico Mangia Prega Ama (portato sul grande schermo da Ryan Murphy con Julia Roberts nei panni della protagonista). “Devi imparare a scegliere i tuoi pensieri, proprio come ogni giorno scegli i vestiti da mettere. È in tuo potere. Se ti piace tanto avere il dominio della tua vita, lavora sulla mente”. Riuscire in questo non è facile. Ma quanto meno bisognerebbe addestrarsi a capire che c’è un momento per rimuginare e uno per smettere di farlo. Ricordiamoci che noi siamo il peggior nemico di noi stessi. Per potere affrontare queste angosce, questi pensieri dobbiamo prima imparare a riconoscerli”, conclude la psicoterapeuta di Serenis.